domenica 15 aprile 2012
Rita versus Rita Autointervistarsi guardandosi allo specchio con la propria anima é come decidere di denudarsi in pubblico. Il nudo dell’anima è di gran lunga più spudoratamente lascivo del nudo del corpo. Perché significa dichiararsi consapevolmente indifesi di fronte a chi ci osserva o ci legge. Mi spoglio, per vanità ed incoscienza; vi parlo di me, come pare e piace a me. Mi autoincensisco con l’arroganza che mi è propria e mi rende fiera di ogni atto, foss’anche il più scontato. Inutile negarlo, non sono una persona umile, né tale mi hanno fatto sentire tutti quelli che ho incontrato nei miei passi, sia che si trattasse di tecnici del mestiere, sia di estimatori vari; quest’ultimi soprattutto uomini. Sono stata lusingata, aggredita, insultata. Perché io, come disse Federico Fellini, sono bella ma con il grave difetto di essere intelligente. Altri tempi, quando il Maestro sosteneva che fossi la ragazza più bella di Roma. Anni sono passati e gli eventi hanno lasciato segni evidenti sul mio viso e profonde lacerazioni sulla mia anima. Dolori, ansie, sopraffazioni: invasori nella mia vita, impostori di presunti cambiamenti, forieri di ostacoli invalicabili e disperati che non hanno scalfito la mia fierezza. Anzi, l’hanno rafforzata donandomi l’autostima. Si, amici, mi stimo iperbolicamente e niente e nessuno potranno cambiare questa mia monumentale convinzione. Ho eretto in vita il Mausoleo a me, alla mia mente ed alla mia femminilità. Io non sono una persona umile- essere umili è ripugnante ed esecrabile- né voglio esserlo e non sono pudica perché non ho morale. Sono libera, liberale, libertaria, forse prossima libertina. E vagabonda, tra Roma e Parigi, con Firenze nel cuore. Perché Firenze è la città di Dante e di Machiavelli, di Guicciardini e Brunelleschi. Perché Firenze è festa per gli occhi, una festa che da Piazza della Signoria si espande come macchia di gloria traboccante di arte. Perché Firenze é un’esperienza mistica dell’anima che si commuove, soggiogata da pathos e rispetto, al cospetto dei Grandi di Santa Croce. In “ LE INUTILI APPARENZE “ racconto di una giovane donna, Francesca, colta e bellissima che vuole conquistare il successo. Arriva a Roma dove si imbatte in uomini potenti e spregiudicati immersi in situazioni erotiche intriganti i quali, soggiogati dalla sua spavalda avvenenza, le promettono una carriera facile e veloce. Arduo decidere di opporre a tale allettante prospettiva il proprio orgoglio ma quanto può essere gratificante il successo ottenuto grazie alla sola bellezza?
Quanto vale se impone, in una sorta di tacita mutualità, di vendersi l’anima? Così la bellezza risulta un limite in una società che non premia il talento ma la rappresentazione, a volte patetica, di personaggi mediocri venuti alla ribalta grazie ad una specie di transazione umana in cui vige il principio del “ do ut des ” . E la bellezza da apparente vantaggio si muta in realtà prevaricante che accantona il talento. Corrompendo l’anima Perche’ ho voluto sulla copertina de “ LE INUTILI APPARENZE” l' “ATELIER DU PEINTRE” di GUSTAVE COURBET(1854-1855 Huile sur toile H3,61 ; L5,98 Musée d' Orsay, Paris )>? Quest' Opera è specchio della storia che racconto. Opera immensa, magnifica, suggestiva, ebbe un clamoroso insuccesso. Anche per questo l'ho voluta fortemente. L' insuccesso, come per tante grandi Opere, reca il dono dell' eternità. Mirabile espressione del realismo descrittivo, essa segna la compiutezza artistica ed umana di Courbet. Al centro della tela, l'artista rappresenta se stesso intento a dipingere un paesaggio del paesino francese da dove partì; di fatto, il paesino é il passato. Come Francesca. Attorno al pittore sono raffigurati una trentina di personaggi. A sinistra sono ritratte le classi sociali che stentano ai margini della società: ubriaconi, saltimbanchi, balordi. Sono miseri, con il capo reclinato e l'espressione del viso sofferente come a significare le difficoltà del vivere. Come il presente di una persona in carriera che saggia la fame durante la dura gavetta. A destra sono dipinti amici di Courbet noti e abbienti. Essi incarnano i sogni e le allegorie: Letteratura, Filosofia, Amore, le arti nobili della società sensibile alle cose belle e colta. Come le passioni di Francesca. Al centro dell' Opera la nuda Verità, accanto all'artista mentre lo assiste amorevolmente nella sua creazione. Lei é al centro dell'attenzione sociale, del popolo semplice e del popolo colto ed é nuda, leale e indifesa sotto gli sguardi di tutti che l'ammirano e la desiderano. Come Francesca. Il bimbetto che le sta accanto rappresenta l' Innocenza. Come innocente é Francesca. Il gatto bianco é il portafortuna. Ancora un particolare. stendendo la copertina, il mio sguardo nella foto "guarda" all' Opera. Ho valutato ogni dettaglio con cura geometrica. Come in tutto ciò che faccio.Programmi futuri? Il film tratto da “ LE INUTILI APPARENZE “ e un Saggio di archeologia, Templa.
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